Sono padre di due gemelli di sei anni e guardo con attenzione a come cresceranno nei prossimi anni. Per questo sostengo l’iniziativa popolare cantonale che vuole limitare l’uso di smartphone e altri dispositivi connessi nelle scuole ticinesi. L’infanzia e l’adolescenza sono momenti decisivi per imparare a concentrarsi su ciò che si fa, coltivare relazioni con le persone che ci circondano e prestare attenzione al mondo reale. È in questa fase della vita che si costruiscono la capacità di dialogare, di collaborare e di distinguere tra ciò che è vero e ciò che è solo illusione.
Sono entusiasta della tecnologia, della digitalizzazione e delle opportunità che queste offrono: nel lavoro e nella vita quotidiana ne faccio ampio uso. Ma sono convinto che la scuola debba restare un luogo dove i ragazzi possano crescere come persone, senza le continue distrazioni e pressioni che arrivano dallo schermo di uno smartphone. La tecnologia deve essere un sostegno alla vita reale, non un sostituto che rischia di impoverire l’esperienza umana.
Negli ultimi anni vediamo purtroppo come l’abuso digitale comprometta il sonno, riduca la capacità di attenzione e aumenti l’ansia e l’insicurezza tra i giovani. Non voglio che i miei figli, e con loro le nuove generazioni, escano dalla scuola come esseri asociali, disabituati alla concentrazione e al pensiero critico. Con questa iniziativa possiamo ridare alla scuola il suo ruolo fondamentale: formare persone libere, consapevoli e pronte ad affrontare il futuro con intelligenza e responsabilità.