Slogan e «buone pratiche» non bastano!
A quindici anni dall’arrivo dell’iPhone, siamo ormai tutti consapevoli che una rivoluzione ha investito ogni aspetto della nostra vita: dal modo di informarci a quello di fare acquisti, fino alle relazioni personali. Oltre alle molte cose belle che la digitalizzazione ci ha regalato, sono emersi problemi con i quali nessuna società prima della nostra aveva dovuto misurarsi.
Molti Paesi e, più recentemente, anche diversi Cantoni svizzeri hanno riconosciuto che l’uso illimitato degli smartphone costituisce un pericolo per lo sviluppo dei giovani – e hanno deciso di intervenire. Anche il Ticino deve fare la sua parte, con una misura chiara e concreta: lo smartphone non si porta a scuola.
Gli stessi ragazzi lo sanno: chiedono regole, chiedono protezione. Abbiamo messo nelle loro mani strumenti di potenza illimitata, senza che fossero preparati a gestirli. Tocca a noi adulti stabilire dei limiti, prima che il nostro silenzio diventi corresponsabilità di un danno irreversibile.
Per questo non bastano più «linee guida», «buone pratiche» o «appelli generici» – me lo insegna anche la mia esperienza di dodici anni trascorsi quale capo dicastero Educazione della Città di Locarno: serve una norma chiara a livello di legge e conseguenze per chi non le rispetta. Così agisce una società sana, non solo in questo ma in ogni ambito: con il coraggio di darsi regole di funzionamento precise, che abbiano una funzione educativa e di tutela della salute.